Fiori e Piante

Per flora apistica si intendono tutte quelle piante che producono il nettare dal quale le api ricavano il miele. Le piante con i loro fiori fanno parte della vita che le api svolgono all’aperto. Ogni apicoltore conosce le piante dalle quali le api traggono il polline ed il nettare.
Oltre a sorvegliare le api, tiene d’occhio anche il loro nutrimento. Perciò sta attento allo sviluppo delle piante, alla loro fioritura e fa in modo che le sue api non restino mai a corto di ciò che a loro serve per vivere in condizioni ottimali.
Talvolta occorre spostare le api perché nei dintorni degli alveari non esistono fonti di cibo. Chi sceglie di fare un’apicoltura di tipo stanziale deve assolutamente tenere conto che in un raggio di almeno 3 km. dagli alveari ci devono essere abbondanti fonti nettarifere, altrimenti il posto scelto non è adatto. Non ci sarà produzione di miele e le famiglie saranno sempre deboli ed in pericolo di vita.

Tarassaco

Il Tarassaco o Dente di leone è una delle piante più diffuse nella nostra provincia. E’ una Composita come la Margherita o la Camomilla o il Girasole per intenderci. Una pianta ermafrodita il cui fiore è un’infiorescenza fatta di tanti piccoli fiorellini. Ogni petalo giallo ha un fiorellino liguliforme con stami ed un ovario che produce un frutto detto achenio provvisto di un pappo che gli consente di avere una disseminazione di tipo anemofilo, cioè aiutata dal vento, il famoso soffione che chissà quante volte abbiamo contribuito con un deciso soffio a disseminare nei prati che ci trovavamo ad attraversare, magari per raccoglierlo per fare un’insalata o una frittata.
E’ una pianta rusticissima, inattaccabile dalle malattie e provvista di una radice fittonante, anche lei commestibile, dalle proprietà diuretiche ed epatoprotettive. Il nettario è posto sopra l’ovario, attorno alla base dello stilo. Il nettare prodotto è ricco di zuccheri (18-51 %), e tra essi prevale il glucosio (45,4%).
Il polline di tarassaco, di colore arancione vivace, viene liberato prevalentemente nelle ore del mattino.
Il tarassaco è ricercato dalle api sia per il nettare che per il polline, è spesso competitivo nei confronti dei fiori dei fruttiferi e ne limita l’impollinazione. In annate favorevoli si possono ottenere discreti raccolti di miele di tarassaco.
Indipendentemente dalla produzione di miele la fioritura di tarassaco rappresenta un importante fattore per lo sviluppo primaverile delle famiglie di api.
Le famiglie che in questo periodo si rinforzano raggiungono le dimensioni numeriche importanti per essere in grado qualche giorno dopo, verso il 10 di maggio di bottinare tanto nettare di acacia.
Il miele di tarassaco viene prodotto da quelle famiglie che, ai primi di aprile, sono già abbastanza forti da aver già riempito il nido di miele. E sono pronte a salire sul melario che mettiamo appositamente a disposizione per il raccolto di tarassaco.

Acacia e Robinia

Si tratta di una pianta della famiglia delle leguminose di origine nordamericana presente in Europa dal 1600 perché importata da un francese, tale Robin dal quale ha preso il nome. Una caratteristica di questa specie è la incredibile rusticità.
E’ una pianta che si è diffusa un po’ ovunque,
La loro fioritura dura una quindicina di giorni, durante i quali le api importano nettare in abbondanza. Le piante fioriscono in modo scalare. Iniziano verso i primi di maggio in pianura e, man mano che si va verso l’alto la fioritura è ritardata.
I fiori della robinia sono riuniti in infiorescenze a grappolo di un bel colore bianco candido con sfumature gialline con i 5 petali caratteristici delle leguminose, i due della carena, le due ali e lo stendardo.

Castagno

Il mese di giugno è il mese della fioritura del castagno.
I castagni sono alberi che possono arrivare a vivere anche oltre 2000 anni. In Italia, assieme agli ulivi, sono quelli più longevi.
I loro fiori sono delle infiorescenze gialle simili agli amenti dei noccioli e la fioritura avviene dal 10 alla fine giugno. Alcuni anni è anticipata di qualche giorno, altri è ritardata leggermente a seconda dell’andamento stagionale.
Si tratta di una fioritura che, alle api, non risulta essere di quelle più gradite, infatti il miele di castagno è tanto più puro quanto meno esistano nei paraggi altre fioriture che verrebbero sicuramente preferite. Quindi per ottenere un miele di castagno il più puro possibile si devono portare le arnie in zone dove non esistano altro che boschi, prive di prati che, anche se in percentuale minima potrebbero contaminare la purezza del miele di castagno.

Tiglio

Con il nome tiglio vengono indicate le specie di piante arboree appartenenti al genere Tilia, famiglia delle Tiliacee.
I principali caratteri comuni al genere sono i seguenti: altezza da 25 a 40 metri; apparato radicale espanso e profondo; chioma largamente ovoidale, ramosa e folta; corteccia dapprima liscia, poi fessurata; foglie semplici, alterne, lungamente picciolate; fiori ermafroditi, di colore bianco giallastro, generalmente molto odorosi, riuniti in cima alle estremità di un lungo peduncolo aderente ad una brattea membranosa di colore meno intenso di quello della foglia.
II tigli sono distribuiti in tutte le regioni temperate dell’emisfero settentrionale e sono utilizzati a scopo ornamentale.
Altri svantaggi dei tigli, nelle piantumazioni urbane, sono la notevole capacità pollonifera, la presenza di afidi e, quindi, di melata e fumaggini, e l’intenso profumo in fioritura che richiama numerosi insetti melliferi. Questo albero può raggiungere 30-35 metri di altezza, e 2 metri di diametro. La crescita è lenta, ma continua per secoli, ed alcuni esemplari hanno raggiunto dimensioni colossali.
La chioma è a cupola, con rami ascendenti. Corteccia dapprima liscia, poi fessurata longitudinalmente.
I rametti sono in genere lisci; spesso possono essere pelosi.
Le foglie sono grandi, lunghe 6-12 cm, verde scuro sopra, più pallide sotto, finemente pelose su entrambe le pagine, con ciuffi di peli bianchi all’ascella delle nervature (molto marcate) e con picciolo peloso di 3-6 cm..
Fiori di colore bianco-giallognolo, 2-7 per infiorescenza, con brattee di 5-11 cm.
Frutti grossi, con coste sporgenti. Una particolarità della pianta del tiglio è quella di avere la sagoma dell’albero praticamente della stessa forma della foglia con la punta verso l’alto.
Il tiglio nostrano è spontaneo nell’Europa centrale e meridionale. In Italia è presente in quasi tutta la penisola; è specie di montagna che cresce sporadica nei boschi di faggio e di abete bianco.
La fioritura è concomitante a quella del castagno, per cui si devono spostare le api in zone in cui i castagni siano assenti per almeno 3 km. attorno agli alveari.

Il Millefiori

Il millefiori è il miele che si ottiene da nettari di diverse specie botaniche in un certo periodo dell’anno che varia a seconda della zona in cui si produce.
La produzione di questo tipo di miele non richiede ovviamente lo stesso tipo di attenzione per così dire ‘morbosa’ che invece richiedono i mieli monofora, in quanto il posizionamento e la rimozione dei melari non devono essere così tempestivi ed accurati visto che ci si può permettere di mescolare nettari diversi.

Melate

Esistono due tipi di mieli di melata, la melata di abete e la melata di bosco.
La melata di abete viene prodotta dalle api che prelevano la linfa che sgorga dalle ferite che vengono praticate da altri insetti sugli aghi degli abeti e la zona di produzione di questo tipo di miele è rappresentata dalle Alpi e dagli Appennini alle altitudini tipiche di questi alberi e cioè la fascia montana che va dagli 800 ai 1800 mt. E’ un miele di colore scuro, quasi nero, non dolcissimo, dal sapore di resina e legno bruciato che non cristallizza.
La melata di bosco invece è un miele che le api ricavano dalle latifoglie, pioppi, aceri, querce, salici, ontani, faggi ed altri cespugli ed erbe. E’ un miele relativamente recente in Italia in quanto la sua produzione si è diffusa con l’importazione accidentale alla fine degli anni ’70 dall’America della Metcalfa Pruinosa, un parassita degli alberi. Si tratta di un insetto della famiglia degli Emitteri, una specie di farfallina bianca che si nutre della linfa secreta dalle foglie, dalle cui ferite poi la linfa continua a sgorgare venendo così prelevata dalle api perché contiene sostanze zuccherine, soprattutto fruttosio.
La diffusione di questo parassita finora riguarda soprattutto il nord Italia ed in particolar modo nelle zone di fondovalle più umide e vicine ai fiumi.

Rododendro

Il rododendro è endemico nelle Alpi e nei Pirenei ed è diffuso in tutte le Dolomiti. Ama i suoli acidi e calcarei.
Può comporre il sottobosco dei boschi di conifere e spingersi fino al limite della vegetazione, colonizzando praterie alpine anche a 2300 metri. È comune inoltre sui versanti rocciosi, cenge e macereti d’alta quota.
Questa specie è sensibile al disseccamento invernale e alle escursioni termiche estreme. Per questo in inverno si affida alla protezione nevosa ed è possibile trovarlo su versanti nord dove la neve si accumula e resiste anche a primavera inoltrata.
I fiori di rododendro impiegano due anni per sbocciare e, tra giugno e luglio, danno origine a una tra le più spettacolari fioriture dell’arco alpino.
Riuniti fino a 20, i fiori hanno la tipica forma di campanula con 5 petali saldati e una corolla rosso-purpurea.
Insieme ad altre specie come mirtillo e ginepro, il rododendro forma consociazioni vegetali dette “rodoreti” che segnano la transizione tra il bosco di conifere e il pascolo alpino.
A questa altitudine (detta degli arbusti contorti) le specie legnose crescono a fatica e con portamento prostrato e strisciante, a causa dell’inclinazione del terreno e del peso esercitato dalla neve durante il periodo invernale

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